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“Il sole irradia sulla terra quasi 10000 volte l’energia di cui il genere umano ha bisogno; questo ci suggerisce che non passerà molto tempo prima che il sole diventi la prima forma di energia utilizzata dall’umanità” Così scriveva il Prof. Gordon Aubrecht uno dei più grandi esperti di fisica del fotovoltaico al mondo [14]. Il successo dell’energia fotovoltaica come delle altre forme di energia, in Italia e nel mondo, è però stato fino ad oggi subordinato, come ogni cosa nello scenario economico contemporaneo, al business plan che le varie forme di produzione di energia possono esibire come biglietto da visita per gli investitori, siano essi grandi o piccoli privati. In quest’ottica si inserisce il presente articolo che vuole trattare la durata delle prestazioni dei moduli fotovoltaici nel tempo e quindi il loro invecchiamento spiegandone i meccanismi e quantificandone gli effetti. Oltre che da un punto di vista meramente economico, di relativa importanza per il nostro team, la durata nel tempo dei moduli fotovoltaici ci permette di ribadire come questa tecnologia sia ad oggi una delle forme di produzione di energia più efficienti e più solide dell’intero scenario mondiale. Gli impianti fotovoltaici sono sistemi statici, con basso costo di manutenzione, semplici da costruire e da gestire e, come spiegheremo in questo articolo, con prestazioni molto stabili e sicure nel tempo, uniche rispetto alle altre tecnologie di produzione di energia elettrica (si calcola infatti che solo un’aliquota fra il 5 e il 7% dei ricavi sia da destinare a manutenzione in un impianto fotovoltaico). Dopo i palesi successi di producibilità e affidabilità ottenuti dalla diffusione su media scala negli anni 2005 – 2010 e dopo i crolli dei costi specifici dei componenti, noi di Energyhunters ci auguriamo che il fotovoltaico approdi su ogni tetto, su ogni copertura e perfino su ogni autovettura per regalare a tutti l’energia che il sole regala a noi, anche se questo, lo sappiamo, va contro gli interessi di chi l’energia ce la vuole vendere.

Schema elettrico pannello FV e corrispondenza fra elementi e fenomeni reali

Al fine di capire meglio i meccanismi di invecchiamento dei moduli e soprattutto dove essi vanno ad agire dobbiamo fare una premessa ricordando quali sono i principali parametri elettrici di un pannello fotovoltaico. Il pannello fotovoltaico è assimilabile ad un generatore ideale di corrente nel quale:

  • La tensione ai capi del pannello (che d’ora in avanti chiameremo Vfv) si stabilisce in valori approssimativamente uguali alla nominale non appena si ha la presenza di luce solare ed è un parametro molto influenzato dalla temperatura (l’85% delle perdite per temperatura sono dovute ad una diminuzione di tensione ai capi dei moduli e non di corrente)
  • La quantità di corrente erogata è invece direttamente proporzionale all’irraggiamento solare ricevuto e varia pochissimo con la temperatura

Oltre a questi effetti noti ci sono però delle perdite che rendono il pannello fotovoltaico un generatore di corrente non ideale. Per capire questi fenomeni si prenda in considerazione anzitutto la Figura 1 che rappresenta il modello elettrico di base di un pannello fotovoltaico.

Fig. 1 – Modello elettrico di un pannello fotovoltaico con inserite le due resistenze serie e parallelo che modellano le perdite del sistema

L’equazione che regola l’emissione di corrente di un modulo fotovoltaico, non considerando ancora quindi le perdite, è quindi la seguente (1):

dove, sviluppando la corrente drenata dal diodo, e aggiungendo le due resistenze che modellano le perdite si giunge alla (2):

Dove:

Ifvpure [A]: è la corrente erogata dal modulo senza considerare le perdite del modulo fotovoltaico.

Ifv [A]: è la corrente erogata dai morsetti del pannello fotovoltaico durante le più varie condizioni di funzionamento, questo valore può andare da un valore minimo detto I0 che rappresenta la corrente assorbita a vuoto (in questo caso Ifv = I0 poiché Is = 0) ad un valore massimo che il pannello eroga quando è messo in cortocircuito Isc

Is [A]: è la corrente generata per effetto fotovoltaico dal pannello al lordo delle perdite e di quella assorbita dal diodo. Essa è direttamente proporzionale all’irraggiamento solare mentre è poco influenzata dalla temperatura (variazioni di circa 0,05% per grado centigrado quando ci si discosta dai 20°C)

Id [A]:è la corrente che corre sul diodo

I0 [A]: è la corrente di saturazione inversa massima che il diodo assorbe per svolgere il suo funzionamento tipicamente compresa fra 10-15 e 10-8 A

n [-]: è il cosiddetto fattore di idealità ossia quel numero adimensionale che rappresenta la purezza del semiconduttore e quindi la fedeltà del comportamento del diodo rispetto alle condizioni nominali. Questo parametro influenza non poco le caratteristiche del pannello. In particolare maggiore è il valore di n (che solitamente oscilla fra 1 e 2) minore è la corrente assorbita dal diodo per funzionare e maggiore è il grado di purezza del semiconduttore che lo costituisce.

k [W/m2·K4]: è la costante di Stefan-Boltzman pari a 5,6704·10-8

T [K]: è la temperatura del diodo e quindi della cella fotovoltaica variabile generalmente fra 5 e 85 °C (fra 278 e 358 Kelvin)

q [C]: è la carica dell’elettrone pari a 1,6021·10-19

V [V]: è la tensione ai capi del diodo

Vfv [V]: è la tensione ai capi del modulo fotovoltaico. Questa tensione può variare fra 0 (pannello chiuso in corto circuito) e la tensione di circuito aperto Voc che si ha quando il pannello non è connesso a nessun carico. La tensione ai capi del pannello è influenzata, oltre che alle cadute di tensione sulla resistenza serie, anche in modo rilevante dalla temperatura delle celle che costituiscono il pannello (variazioni di circa 0,35% per grado centigrado quando ci si discosta dai 20°C). Le perdite sono dovute all’energia cinetica introdotta dall’alta temperatura che scompone il reticolo semiconduttore e fa aumentare le ricombinazioni libere a sfavore di quelle utili alla generazione di corrente elettrica.

Rsh (Rshunt), valori tipici compresi fra 200 (pannelli commerciali) e 10000 (pannelli aerospaziali) Ω/cm2: questa resistenza modella tutte quelle perdite interne alla cella fotovoltaica come per esempio:

  • Perdite dovute ad errori di fabbricazione quali la non purezza dei materiali e del silicio.
  • Elementi estranei nel reticolo semiconduttivo che disturbano e alterano le frequenze di assorbimento utili e possono generare ioni liberi che disturbano ulteriormente i flussi di elettroni e delle lacune.
  • Perdite dovute a difetti di progettazione (come per esempio la distanza e la forma dei contatti): la distanza dei contatti e la loro disposizione influenzano la quantità di elettroni utili a generare la corrente. Avere contatti troppo distanti, per esempio, aumenta la possibilità che durante il tragitto gli elettroni si ricombinino nel reticolo e non siano quindi più utili alla generazione di energia
  • Più in generale tutti gli effetti che coinvolgono il materiale e il substrato di silicio vanno ad aumentare questa resistenza e quindi a diminuire corrente erogata dal pannello

Rs(Rseries), valori tipici compresi fra 0,5 (pannelli aerospaziali) e 5 (pannelli commerciali) Ω/cm2: questa resistenza modella tutti quei fattori di perdita che la corrente incontra nel suo passaggio, in particolare:

  • Le perdite dovute alla resistenza di contatto offerta dalla discontinuità silicio/conduttore (solitamente alluminio)
  • Le perdite dovute al passaggio di corrente fra l’emettitore e la base delle celle dove la corrente si richiude
  • La resistenza dei contatti superiori e inferiori della cella
  • La resistenza dei conduttori che portano la corrente verso l’utilizzatore e le resistenze dei contatti interposti lungo il tragitto.

Ricordiamo infine la definizione di “fattore di riempimento” ossia di Fill Factor (FF). Esso è un parametro adimensionale che misura il grado di purezza e di corretto sfruttamento del wafer di silicio che costituisce il modulo. E’ un numero compreso fra 0 e 1 e tanto più si avvicina all’unità tanto più la qualità del pannello è migliore e tanto più i costituenti del pannello sono di alta e quindi in ultima analisi tanto più basse sono le perdite e i fattori di invecchiamento ad esse connessi.

Dove:

Vmpp [V]: è la tensione che si stabilisce ai capi del modulo fotovoltaico (imposta dall’inverter) che permette l’erogazione della massima potenza. Sui data sheet è misurata quando all’esterno ci sono condizioni STC (1000 W/m2 di irraggiamento solare e 25°C di temperatura delle celle)

Impp [A]: è la corrente che il pannello eroga quando si trova nelle condizioni di STC e ha ai suoi capi la tensione di massima potenza.

Le grandezze Voc e Isc sono invece rispettivamente la tensione di circuito aperto e corrente di corto circuito del pannello già definite prima.

Le resistenze del modello elettrico fanno si che la caratteristica tensione corrente del modulo fotovoltaico non sia più “pulita” come in linea teorica ma si deformi al variare di queste due impedenze. In Figura 2 si presenta una curva I-V teorica a confronto con una reale ottenuta introducendo due valori tipici di resistenza serie e parallelo.

Da ora in avanti collegheremo i fattori di invecchiamento ai parametri elettrici di un pannello fotovoltaico e indicheremo, causa per causa, quale parametro o elemento ogni fattore di invecchiamento va a modificare.

Fig. 2 – Rappresentazione della curva I-V per una cella fotovoltaica ideale (in blu) e reale (in rosso) supponendo una resistenza serie di 1 Ω/cm2 e una resistenza parallelo di 100 Ω/cm2; sono indicati anche i parametri di tensione, corrente e potenza in condizioni di circuito aperto, al punto di massima potenza e in corto circuito. Simulando questi valori di resistenza il Fill Factor (FF) passa da un valore ideale di 0,83 a uno reale di 0,67.

Le cause di invecchiamento dei moduli fotovoltaici

Nel valutare le prestazioni dei moduli fotovoltaici nel tempo prenderemo in considerazione le due principali tecnologie costruttive ad oggi presenti sul mercato ossia: il silicio mono e poli cristallino da una parte e il silicio amorfo dall’altra. Questa distinzione è essenziale per entrare fino in fondo nell’argomento che ci accingiamo a trattare poiché queste due tecnologie costruttive sono attaccate nel tempo da diversi effetti di degrado. Nella tabella di Figura 3 cominciamo a fare un quadro riassuntivo dei meccanismi di invecchiamento che in seguito spiegheremo per le due tecnologie.

Fenomeno che degrada le prestazioni dei moduli fotovoltaici Azione sulle celle di silicio mono e poli cristallino (c – Si) Azione sulle celle di silicio amorfo (a-Si)
Effetto PID (Partial Induced Degradation) SI SI
Effetto Stabler – Wronsky NO SI
Effetti degradanti causati dalle radiazioni ionizzanti SI SI
Effetti degradanti dovuti a impurità di lavorazione SI Possibili, ma più rari
Altri effetti (difetti di progettazione, infiltrazione umidità, non sigillatura wafer-vetro, annerimento del vetro anteriore, ossidazione dei contatti) SI SI

Fig. 3 – Elenco dei fenomeni di degrado delle prestazioni dei moduli fotovoltaici nel tempo e loro influenza sulle due macro famiglie costruttive

Questi 4 fattori sono quindi quelli maggiormente responsabili del decadimento delle prestazioni dei moduli fotovoltaici e quindi del loro invecchiamento, analizziamoli quindi uno ad uno.

L’effetto PID (Potential Induced Degradation)

Questo effetto (traducibile in italiano come degradazione indotta da potenziale) è uno degli effetti più studiati dall’industria fotovoltaica poiché è risultato essere uno dei fattori degradanti meno previsti e più impattanti sulle prestazioni nel tempo dei moduli fotovoltaici. Esso sostanzialmente consiste in un fenomeno di migrazione delle cariche dal wafer di silicio, costituente la cella fotovoltaica, verso la cornice dei moduli fotovoltaici e in parte verso terra dovuto all’esposizione del pannello ad un potenziale esterno.

Questa corrente, detta di dispersione, di fatto impoverisce la densità elettronica del semiconduttore che lavora alla produzione di corrente e, di conseguenza, incide sulle prestazioni dei moduli.

In altri termini si può dire che l’effetto PID polarizza la cornice dei moduli tramite la circolazione della corrente di dispersione ed è proprio questa corrente che disturba l’effetto fotovoltaico utile alla produzione di energia.

Uno schema di principio che mostra il meccanismo di creazione della corrente è mostrato in Figura 4.

Fig. 4 – Percorso degli elettroni all’esterno della cella fotovoltaica (effetto PID) [12]

L’effetto PID è ancora sotto studio da parte della comunità scientifica internazionale, ma già ad oggi si sono accertate alcune caratteristiche di questo fenomeno:

  • Esso aumenta all’aumentare della tensione del sistema (a causa dell’aumento del campo elettrico che “spinge” gli elettroni con maggiore forza fuori dal wafer di silicio). Questo degrado può essere controllato bilanciando il potenziale dei pannelli, prevedendo tensioni DC non troppo alte e, in caso di configurazione di un polo a terra, collegando il polo negativo (e non il positivo) verso terra. La gestione della polarità e del livello di tensione gioca un ruolo fondamentale nella presenza e nella consistenza dell’effetto PID. In particolare la configurazione con il polo positivo a terra risulta la più affetta dal fenomeno mentre configurazioni bilanciate (con il punto a 0V a centro stringa come succede in UE) sono le configurazioni meno gravate dal fenomeno poiché la tensione dell’ultimo pannello rispetto al punto 0 è meno elevata.
  • L’effetto aumenta all’aumentare della temperatura della cella poiché la temperatura si traduce in maggiore agitazione termica nel reticolo e quindi maggiore probabilità che elettroni escano dal wafer
  • L’effetto aumenta qualora il materiale isolante che circonda il wafer di silicio presenti una bassa resistenza superficiale che favorisce quindi il fluire della corrente di dispersione
  • L’effetto è altresì aumentato dalla sporcizia depositata sul vetro la quale riduce il potere isolante del vetro stesso favorendo lo scorrere della corrente di dispersione.
  • L’effetto è infine aumentato dalla qualità dell’isolamento del contatto posteriore poiché esso determina la resistenza alla chiusura della corrente di dispersione. In caso infine, di corrente alternata sovrapposta alla continua (o di armoniche) si può anche verificare che parte della corrente di dispersione fluisca verso terra (a causa della riduzione dell’impedenza fra moduli e terra) amplificando l’effetto di impoverimento.

Ad oggi tutti i produttori di moduli fotovoltaici si sono affrettati a dimostrare l’utilizzo di mescole isolanti che impediscono l’avvento dell’effetto PID ma casi di forte degrado si sono comunque registrati soprattutto in pannelli fotovoltaici di vecchia generazione. L’effetto PID si manifesta in una diminuzione della resistenza di shunt Rsh e quindi in una diminuzione della corrente erogata dal pannello e della tensione di circuito aperto. Fra gli effetti di invecchiamento l’effetto PID è dominante rispetto a tutti gli altri e responsabile di un degrado costante nel tempo. Tuttavia meno del 5% dei pannelli (e delle configurazioni di tensione) installati a livello mondiale sono stati riscontrati essere affetti dal fenomeno in maniera significativa.

Effetto di invecchiamento Potenza minima e massima persa dovuta al fenomeno [%/anno] Tipologia di moduli fotovoltaici affetti dal fenomeno Possibili rimedi e consigli per limitare e/o eliminare il fenomeno
PID (Partial induced degradation) degradazione parziale indotta Minima: nessuna
Massima: fino al 35% in aggiunta alle normali perdite nel corso della vita utile dichiarata dal costruttore
Tutti Limitare la tensione del sistema
Utilizzare configurazioni fuori terra a o riferite a terra.
Se si deve riferire a terra un polo riferire sempre quello negativo
Limitare l’innalzamento della temperatura dei moduli
Utilizzare moduli esenti da PID
Nei moduli affetti da forte PID tenere pulite le superfici dei moduli

L’effetto Stabler – Wronsky

Questo fenomeno di invecchiamento riguarda soltanto i pannelli fotovoltaici costituiti da silicio amorfo. Essi sono soggetti a questo effetto degradante dovuto probabilmente a cambiamenti metastabili del silicio idrogenato, presente nella giunzione, nelle prime fasi di esposizione alla luce diretta solare. L’origine di questo fenomeno è ancora oggi non ben conosciuta. Fra le teorie più accreditate c’è quella che la luce solare rompa i legami H-Si all’interno del substrato attivo del modulo e lasci liberi di vagare all’interno di essi atomi di idrogeno. Questi a loro volta rompono i legami Si-Si cristallini presenti attenuando di fatto il potere di conversione della giunzione poiché impoverita dei suoi elementi costituenti. [13]. Di certo si sa che, durante i primi 6 mesi di vita del pannello, le prestazioni dei moduli possono subire una diminuzione di efficienza compresa fra il 10 e il 30% all’anno per poi stabilizzarsi su invecchiamenti mediamente inferiori a quelli della tecnologia cristallina. I produttori considerano l’efficienza nominale iniziale di questi moduli come quella che si stabilizza dopo 6 mesi dall’installazione.

L’effetto Stabler – Wronsky si traduce in un aumento della corrente di ricombinazione e quindi in una diminuzione della resistenza di shunt Rsh.

Effetto di invecchiamento Potenza minima e massima persa dovuta al fenomeno [%/anno] Tipologia di moduli fotovoltaici affetti dal fenomeno Possibili rimedi e consigli per limitare e/o eliminare il fenomeno
Effetto Stabler-Wronsky Minima: 10% durante i primi 6 mesi
Massima: fino al 30% durante i primi 6 mesi di vita
Assente dopo 1 anno
Silicio amorfo Pochi rimedi esistenti poiché effetto molecolare intrinseco.
Temperature più basse durante i primi 6 mesi di stabilizzazione minimizzano l’effetto

Effetti di invecchiamento causati dall’esposizione solare

La quantificazione di questi effetti, che costituiscono il vero meccanismo di invecchiamento “di fondo” dei moduli fotovoltaici, è stata portata alla luce tramite prove empiriche accelerate in laboratorio e non accelerate su campo. In più parti del mondo si sono condotti esperimenti in cui, misurando la quantità di radiazione assorbita dai moduli, se ne mappava la decadenza delle prestazioni. I risultati raccolti sono stati pressoché univoci. A causa del bombardamento delle onde elettromagnetiche (soprattutto quelle ad alta energia e frequenza come i raggi β e γ) i moduli fotovoltaici perdono la loro capacità di trasformare la luce solare. Il dato interessante è però che questa dipendenza è direttamente proporzionale alla quantità di energia che essi si trovano ad assorbire. Se ne deduce quindi che se le dosi percepite da un pannello raddoppiano, anche il degrado delle prestazioni raddoppia (dopo un primo periodo di assestamento).

In realtà, fissata una località, il numero di dosi (che si possono misurare in Gray) è più o meno costante di anno in anno ed è quindi proporzionale con il tempo. Si riportano in Figura 5 degli andamenti delle variabili elettriche di un pannello fotovoltaico al variare del numero di dosi assorbite in un anno.

Fig. 5 – Andamento della densità di corrente erogata per cm2 (a destra) e della densità di corrente erogata per cm2 (sulla destra) di pannelli solari esposti a radiazione solare. Sulle ascisse la dose di radiazione che investe il pannello misurata in kGy (kilo Gray), ricordiamo che 1 Gray è definito come l’assorbimento di 1 J di radiazione ionizzata da parte di un chilogrammo di sostanza[1][2].

L’effetto della radiazione ionizzante sui moduli è l’effetto alla base del principio di invecchiamento di tutti moduli. La radiazione interferisce con il reticolo di silicio spostando (a seguito delle interazioni onda/particella) gli atomi dalla loro configurazione originale e quindi diminuendo il potere di conduzione della giunzione semiconduttrice. In particolare su questo effetto si può dire che:

  • Ne sono più influenzati i reticoli poli cristallini e a film sottile rispetto ai mono cristallini poiché reticoli complessi hanno più probabilità di essere modificati dalla radiazione rispetto a reticoli semplici (e per la presenza di atomi di idrogeno nei mono cristallini, che sono leggeri).
  • Laddove difetti di fabbricazione introducano atomi indesiderati o estranei (atomi diversi dai costituenti il wafer) l’effetto è amplificato. Anche qui si può constatare che, la semplicità di lavorazione del mono cristallino rispetto al policristallino, fa si che l’effetto di degrado sia maggiore sui moduli policristallini.

L’effetto della radiazione fa diminuire la corrente di corto circuito Icc (diminuisce il tempo di ricombinazione), mentre a causa dei danni prodotti nel reticolo diminuisce la tensione di circuito aperto Voc.

Effetto di invecchiamento Potenza minima e massima persa dovuta al fenomeno [%/anno] Tipologia di moduli fotovoltaici affetti dal fenomeno Possibili rimedi e consigli per limitare e/o eliminare il fenomeno
Invecchiamento da elementi estranei
(cattiva qualità della lavorazione)
Minima: -0,5%
Massima: -1%
Tutti Nessuna, dipende dalla qualità del pannello

Altri effetti (difetti di progettazione, infiltrazione umidità, non sigillatura wafer-vetro, annerimento del vetro anteriore, ossidazione dei contatti)

Rientrano in questa categoria tutte le cause di invecchiamento che sono apportate dall’esterno alla cella fotovoltaica quali:

  • L’ infiltrazione di umidità fra il vetro superiore e il materiale isolante causato da non perfetta sigillatura e/o da difetti produttivi che causa polluzione del modulo e rovina lo strato attivo all’atto del riscaldamento per irraggiamento dell’acqua interposta.
  • La progressiva colorazione del vetro anteriore (browning) a causa della scarsa qualità della lastra superiore (effetto presente nei vecchi moduli fotovoltaici)
  • Ossidazione dei contatti a causa della non perfetta sigillatura degli stessi all’umidità

Tutti questi effetti, che nei moderni moduli fotovoltaici, sono da considerarsi estremamente marginali, aumentano la resistenza serie Rs andando a diminuire la tensione di circuito aperto e quella di lavoro inducendo perdite anche significative.

Effetto di invecchiamento Potenza minima e massima persa dovuta al fenomeno [%/anno] Tipologia di moduli fotovoltaici affetti dal fenomeno Possibili rimedi e consigli per limitare e/o eliminare il fenomeno
Invecchiamento da elementi atmosferici esogeni Minima: -0,5%

Massima: -1%

Tutti Nessuna, dipende dalla qualità del pannello

Di quanto invecchiano i moduli fotovoltaici? Statistiche di invecchiamento

Dopo aver spiegato le principali cause di invecchiamento dei moduli arriviamo finalmente a quantificare quante prestazioni essi perdono durante l’arco della loro vita. Durante gli anni, in tutto il mondo sono stati condotti più di 7000 test ed esperimenti riguardanti l’invecchiamento sia di moduli che di interi impianti fotovoltaici. Una pubblicazione autorevole del NREL [8] li ha raccolti tutti dividendo i tassi di invecchiamento dei moduli in 2 macro famiglie: moduli e impianti fotovoltaici costruiti prima del 2000 e quelli costruiti dopo il 2000. Prima di mostrarne i risultati, ricordiamo che per tasso di invecchiamento Ar (aging rate) si intende la percentuale di perdita di rendimento di conversione della luce solare rispetto al rendimento nominale. Tale tasso di invecchiamento è supposto da noi costante al variare del tempo e sempre riferito al rendimento nominale iniziale dei moduli. La nostra interpretazione è in realtà soltanto la più logica (visto che nessuno parla di tasso di invecchiamento sempre riferito all’anno precedente). In realtà il modello progressivo e meno severo (quello appunto che decrementa il rendimento sempre a partire dall’anno precedente) non differisce di molto da quello da noi descritto a livello di risultati. I costruttori di moduli, in realtà, dichiarano la sola perdita di rendimento dopo 20 anni (solitamente l’80% dopo 25 anni ossia l’0,8% all’anno) senza specificare come esso decade. Proprio questa relazione con riferimenti certi solamente a inizio e fine vita del modulo, ci ha spinti ad ipotizzare un decremento lineare delle prestazioni anche se un decremento maggiore (come quello esposto dalla teoria del decadimento riferito all’anno precedente) in termini assoluti nei primi anni sarebbe fisicamente più logico. Per noi di Energyhunters quindi,in termini analitici, il rendimento del modulo dopo n anni è espresso dall’ equazione 4 seguente.

Dove:

ηiniziale e ηn [%]:sono rispettivamente il rendimento iniziale dei moduli ad inizio vita e quello risultante all’anno n espressi in percentuale.

Ar [%/anno]: è il tasso di invecchiamento dei moduli espresso come percentuale di rendimento persa ogni anno e sempre riferita al rendimento nominale (si parla quindi di invecchiamento a quote costanti)

Dall’indagine sono emersi dei tratti e comportamenti non proprio casuali nell’invecchiamento dei moduli fotovoltaici molto importanti per capire i meccanismi che agiscono su questi stessi fenomeni. Riportiamo i principali di seguito.

  • È stato rilevato che se si mettono su di un istogramma i valori di invecchiamento dei moduli provenienti dalle varie ricerche e pubblicazioni l’inviluppo di queste rilevazioni forma una distribuzione molto ben interpretabile con una funzione di Weibull. Questo differente comportamento delle rilevazioni è probabilmente frutto della distribuzione delle quantità e delle qualità di drogaggio di ogni modulo da una parte e dell’errore di misura/umano coinvolto nel processo dall’altro. Per questo motivo queste rilevazioni statistiche sono prese a riferimento e con loro le distribuzioni che formano e si parla di valore atteso e non di coefficiente medio di invecchiamento.
  • È altresì da rilevare che la differenza fra le statistiche fatte prima del 2000 e dopo il 2000 comportano significativi abbattimenti dei tassi di invecchiamento (compresi fra il 10 e 30%). Questo è ovviamente il risultato della maggiore precisione e delle minori impurità introdotte nel processo produttivo grazie all’adozione di tecnologie più moderne che aumentano la qualità dei processi produttivi. Sotto questo punto di vista ci si aspetta un ulteriore abbattimento dei coefficienti di invecchiamento per i pannelli fabbricati dopo il 2012 nei quali l’attenzione alla qualità dei processi di produzione è diventata centrale per concorrere sul mercato.

Ma vediamo subito i risultati finali dell’ analisi citata. i coefficienti di invecchiamento finali sono esposti nella tabella di Figura 6 che segue.

Decadimento annuo delle prestazioni Ar – variazione del coefficiente di rendimento nel tempo [%/anno]
Tecnologia Pannelli fabbricati prima del 2000 Pannelli fabbricati dopo il 2000 Produzione mediamente persa in 30 anni di funzionamento a causa dell’invecchiamento
Silicio amorfo (a-Si) -0,96 -0,87 13,46%
Silicio poli-cristallino (poli-Si) -0,61 -0,64 9,90%
silicio mono cristallino (mono-si)i -0,47 -0,36 5,57%

Fig. 6 – Tassi di invecchiamento raggruppati per tecnologia e divisi per pannelli fabbricati prima e dopo il 2000. Sulla destra la quota di produzione che ci si aspetta di perdere in 30 anni di utilizzo dei moduli a causa dei vari fattori di invecchiamento.

Nei due grafici di Figura 7a e 7b si riportano invece prima le perite di produzione annua causate dall’invecchiamento e poi l’andamento del rendimento al variare del tempo per le varie tecnologie esaminate.

Fig. 7a e 7b – (in alto) andamento delle perdite di produzione derivanti da invecchiamento dei moduli al variare dell’anno di utilizzo; (in basso) andamento dell’efficienza di conversione (rendimento dei moduli) al variare del tempo. Tutti i dati sono riportati per le tre principali tecnologie di fotovoltaico installate nel mondo

Conclusioni

I risultati che abbiamo visto non lasciano molti margini di interpretazione riguardo all’invecchiamento dei moduli fotovoltaici. Ad oggi la tecnologia mono cristallina garantisce i tassi di invecchiamento più bassi nei moduli commerciali/industriali. Questo è in buona parte dovuto a due fattori:

  • Alla semplicità e soprattutto alla stabilità del suo substrato cristallino, più semplice da lavorare e più immune rispetto ad agenti esterni che possono inquinare il wafer di silicio con elementi estranei
  • Alla sua struttura molecolare più semplice e quindi più stabile nel tempo

Nonostante questo è doveroso ricordare che l’invecchiamento non è il solo fattore che genera perdite negli impianti fotovoltaici. La più grande causa di perdita di energia nei sistemi fotovoltaici rimane da addebitare alle perdite per temperatura. Analizzando quest’ultime ad esempio il film sottile la fa da padrona, con quote di perdita molto inferiori (anche del 30/40%) rispetto alla tecnologia mono cristallina (si veda su questo il nostro articolo: https://www.energyhunters.it/policristallino-film-sottile-nel-fotovoltaico-differenzevantaggi-svantaggi/). Una valutazione globale della dislocazione, del clima e dell’utilizzo dell’impianto deve essere accuratamente condotta prima di scegliere una tecnologia piuttosto che un’altra. A conferma della potenza della tecnologia a film sottile vi riportiamo che questo tipo di moduli sono stati scelti per la costruzione del più grande impianto fotovoltaico del mondo (situato a Topaz, California) [10] con una potenza installata di 550MWp sufficienti a soddisfare il fabbisogno di 160000 famiglie e comprendente oltre 1 milione di moduli a film sottile. In questa costruzione la scelta dei moduli a film sottile è stata effettuata proprio per limitare al massimo le perdite per temperatura visto la dislocazione dell’impianto a basse latitudini e nel completo deserto californiano valutando la scelta anche andando incontro a tassi di invecchiamento leggermente più alti rispetto alle altre tecnologie. In ogni modo, se pensiamo che una centrale termica o nucleare ha vita utile attesa di 30 anni con costi di manutenzione anche 10/20 volte quelli di un campo fotovoltaico, capiamo immediatamente il valore di questa tecnologia nello scenario energetico di oggi e di domani. Il fotovoltaico, è una fonte di energia sicura, di infinita disponibilità energetica, con costi di manutenzione limitati (5/6% rispetto ai generati guadagni) e molto affidabile nel tempo. E’ quindi quanto mai doveroso, per il futuro dell’umanità, continuare a diffonderlo su ogni tetto del pianeta e continuare a investire nella ricerca al fine di migliorare le tecnologie di conversione nell’ottica di sfruttare quel grande generatore di energia che la natura ha usato per sviluppare la vita e noi, il sole.

REFERENCES

[1]: “Aging of solar cells under working conditions” – JOURNAL OF OPTOELECTRONICS AND ADVANCED MATERIALS Vol. 9, No. 6, June 2007, p. 1843 – 1846

[2]: Kilogray is a derived metric (SI) measurement unit of absorbed radiation dose of ionizing radiation, e.g. X-rays. The SI prefix kilo stands for one thousand. The kilogray is equal to one thousand gray (1000Gy), and the gray is defined as the absorption of one joule of ionizing radiation by one kilogram (1 J/kg) of matter, e.g. human tissue. – fonte: http://www.aqua-calc.com/what-is/radiation-absorbed-dose/kilogray

[3]: Dal sito pveducation.org – http://www.pveducation.org/pvcdrom/solar-cell-operation/series-resistance

[4]: Dal sito pveducation.org – http://www.pveducation.org/pvcdrom/solar-cell-operation/shunt-resistance

[5]: Dal sito pveducation.org – http://www.pveducation.org/pvcdrom/modules/degradation-and-failure-modes

[6]: “Considerations for a Standardized Test for Potential‐Induced Degradation of Crystalline Silicon PV modules” – NREL – National Renewable Energy Laboratories – http://www.nrel.gov/docs/fy12osti/54581.pdf

[7]: “Outdoor PV Module Degradation of current-Voltage parameters” – Ryan M.Smith, Dirk C. Jordan, Sara R. Kurtz – NREL – National Renewable Energy Laboratories, April 2012

[8]:Photovoltaic degradation rates – an analytic review – Dirk C. Jordan, Sarah R. Kurtz – NREL – National Renewable Energy Laboratories, June 2012

[9]:“Photovoltaic Module Reliability Model Based on Field Degradation Studies” – Manuel Va´zquez1*,y

and Ignacio Rey-Stolle2 – 1EUITT, Instituto de Energı´a Solar-UPM, Madrid, Spain – 2ETSIT, Instituto de energia Solar-UPM, Madrid, Spain – PROGRESS IN PHOTOVOLTAICS: RESEARCH AND APPLICATIONS – April 2008

[10]: http://www.firstsolar.com/Projects/Topaz-Solar-Farm

[11]Solar Cell Device Physics – second edition – Stephen J. Fonash – Publication Date: April 27, 2010 | ISBN-10: 0123747740 | ISBN-13: 978-0123747747

[12]: Potential induced degradation (PID) – Technical information by SMA – http://files.sma.de/dl/7418/PID-TI-UEN113410.pdf

[13]: Staebler-Wronski effect in amorphous silicon and its alloys – Institute of Electronics, AGH-University of Science and Technology – 30 Mickiewicza Ave., 30-059 Cracow, Poland – http://www.wat.edu.pl/review/optor/12(1)21.pdf

[14]: http://www.youtube.com/watch?v=nRXDYC3TnG4

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